curiosità stroriche padovane  1°

RICORDO DI LUIGI BOTTAZZO

Corporatura alta e robusta, figura dritta fino agli ultimi anni di vita (morì a 79 anni nel 1924), un bel viso, ornato da due grandi baffi come si usavano allora. Ma le pupille di tutt'e due gli occhi erano spente. Cecità totale. Si diceva che il Bottazzo, figlio d'un fabbro. mentre, ragazzo sui dieci anni, attizzava una fiamma fu abbacinato da una vampa.

Lo avviarono agli studi musicali (i più adatti per un deco, dotato di orecchio e memoria). Vi riuscì splendidamente, diventando buon autore di musica sacra, eccellente organista, e maestro di composizione. Fu insegnante d'organo all'Istituto musicale Pollini ed organista della Cappella del Santo, a fianco di Ciro Grassi negli ultimi anni, e sotto la direzione di quel valorosissimo organista (uno dei migliori d'Italia, assieme con Marco Enrico Bossi) che fu Oreste Ravanello, il quale era molto amico e grande estimatore del Bottazzo.
Però il campo in cui egli si distinse di più fu quello della musica sacra. II suo stile semplice, chiaro, quasi popolaresco, era però serio, permeato di rispetto per la chiesa come luogo, e per la religione. Quand'egli era giovane la musica nelle chiese era molto scaduta: qualche organista non si peritava di suonare « Amami Alfredo II o « La donna è mobile II durante le funzioni.

II Bottazzo con altri nobili ingegni (ad esempio il Perosi) riportò la musica sacra a quella severità, non noiosa
,o fredda tuttavia, che fu poi codificata dal Santo Papa Pio X. Scrisse molto: Messe, pezzi adatti per l'esecuzione in chiesa, opere didattiche, anche in collaborazione con altri.

Qualche suo umile lavoro valse a diffondere la conoscenza di antichi mirabili canti religiosi. Per esempio egli armonizzò in forma semplice, per organo od armonium e coro, naturalmente a una voce, la sublime « Messa degli Angeli ll, antichissimo anonimo capolavoro del canto gregoriano. Ci fu un periodo nel quale questa Messa, nella trascrizione del Bottazzo, veniva cantata in molte chiese della campagna intorno a Padova e forse lo è ancora.

Editore di quasi tutta la sua musica fu il padovano Guglielmo Zanibon, mancato pochi anni or sono in tarda età. Uomo dinamico e geniale anche lui. Partito giovane per gli Stati Uniti, con un contrabasso che egli suonava, ne era tornato con qualche soldarello ed aveva iniziato in Piazza dei Signori, dove lo stabilimento tuttora esiste, la sua attività commerciale di musica e strumenti e l'industria editoriale in proprio, rivolta prevalentemente alle composizioni sacre.

Tornando al maestro Bottazzo bisogna ricordare anche le sue squisite doti morali. Gentile con tutti, pazienti: con gli allievi, non aveva mai « i nervi ll, malgrado la sua grande sventura. Anzi era di carattere allegro e benevolmente scherzoso. Pensandoci su, questo è veramente un grande insegnamento: dalla sciagura, con lo studio e il costante lavoro, riuscì a farsi una vita nobile e dignitosa (per sé e per la moglie, cara e gentile anche lei). Questi uomini, che reagiscono coraggiosamente e fermamente contro la mala sorte e invece che arrendersi ne fanno quasi uno sprone per conquistare alte mete, dovrebbero farci pensare e renderci più pazienti e forti.

II Bottazzo fa venir in mente altri esempi plU grandi:Giovanni Sebastiano Bach che già cieco e vicino alla morte ci dona la sublime « Arte della fuga ll, una delle musiche più straordinarie che esistano (non finita a causa della morte deII 'autore); Beethoven che, afflitto da una sordità progressiva (infine totale), invece che uccidersi come ne ebbe la tentazione, regalò all'umanità le sue opere, che gli riuscivano sempre più belle, man mano che la sordità progrediva.

Il Bottazzo ebbe ottimi allievi. Uno di essi, il maestro Casimiri di Gualdo Tadino (cittadina dell 'Umbria) divenne direttore del coro della famosa Cappella Sistina, cioè dei tantori di San Pietro a Roma. Il Casimiri gli restò molto affezionato, tanto che per alcuni anni il vecchio maestro andò con la moglie in villeggiatura a Gualdo Tadino presso il suo allievo.

Padova lo ricorda con una lapide e un profilo di bronzo al n. 47 di via Belzoni dov'egli abitò negli ultimi anni di vita, e gli ha intitolato una via: la prima a sinistra di via Manzoni uscendo a man destra da porta Pontecorvo. Peccato che lapidi e vie non possano far rivivere presso i posteri la grande figura morale di questo, come di altri valenti uomini. Spero che le mie parole possano in piccola parte ovviare per qualche lettore a questa deficienza.

 

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Ignazio Sommer (Merzio)